Nel volume How European Cities Craft Immigrant Integration. Something to Learn di Giovanna Zincone e Irene Ponzo, pubblicato dalla Fondazione Italianieuropei, è presentata una analisi della principali città europee circa quanto e come siano in grado di affrontare le grandi sfide poste dall’immigrazione. Il dato molto confortante, e inaspettato, è che alla città di Torino l’Europa riconosce lo statuto di rappresentare un interessante modello da studiare, soprattutto per il tipo di politiche e soluzioni adottate nei confronti delle seconde generazioni di immigrati. E, proprio per questo motivo, Torino si rivela essere anche più “interessante” di Parigi.
In entrambe le città il 15% della popolazione è rappresentato da cittadini stranieri, ma parrebbe proprio che Torino, grazie alle sue ventennali politiche a favore degli immigrati, sia riuscita ad ottenere migliori risultati in termini di capacità di integrazione, riconoscimento e accettazione di identità culturali e religiose. I cittadini immigrati regolari presenti nella città sono 330.000, e costituiscono una fetta consistente della popolazione che ha raggiunto i 2,2 milioni di abitanti, Torino ha saputo riconoscere identità religiose e offrire spazi anche per le pratiche e le forme di ritualità diverse da quelle istituzionalmente riconosciute: spazi cimiteriali appositamente predisposti, luoghi di culto, oltre ad aver predisposto una diffusa rete di corsi di lingua italiana per adulti e reti di mediatori culturali.
Anche la Banca Mondiale ha individuato in Torino la città capofila dove sperimentare il progetto Greenback, pensato per evitare il proliferare del racket delle rimesse, che sfrutta i flussi di denaro che gli immigrati inviano alle proprie famiglie nelle terre di origine.